Come muta nel tempo l’efficacia del Re-targeting

Riccardo

Visioli

L’abbandono del carrello è una sfida per qualsiasi Marketer (e non) che possiede un e-commerce, Statista nel 2019 ha stimato che in media il tasso di abbandono del carrello tra gli  E-commerce è del 69% (la percentuale si alza se si tratta di viaggi). Una statistica impattante ma che nasconde delle insidie (nell’interpretazione).

Ma c’è una buona notizia, perché negli ultimi anni la curva non è peggiorata (cosa che un decennio fa non sarebbe stata data per scontata).

Un altro dato che fa riflettere (con le limitazioni del caso) è quello che ci dice che nel 2019 l’ammontare dei carrelli abbandonati sarebbe arrivato ad ammontare 4,6 Trilioni di dollari, ci pensate, poter “recuperare” solo lo 0,1% di tanti carrelli abbandonati? potrebbe fare un enorme differenza sul lungo termine, no?

Ma uno “strumento” è arrivato in soccorso a tutti i marketer: il retargeting, arma a disposizione di qualsiasi azienda grande e piccola, principalmente utilizzata per colpire il pubblico che già ci conosce e quindi utile anche per recuperare i carrelli persi.

Ma se si potesse utilizzare meglio questo “retargeting” così da poter recuperare più carrelli persi?

A lanciare questa provocazione è stato un paper pubblicato sull’autorevole American Marketing Association nell’ottobre del 2020, secondo gli autori infatti esisterebbero dei casi specifici dove il retargeting potrebbe incentivare l’utente ad abbandonare il carrello.

Ciò accadrebbe quando si espone troppo rapidamente l’utente all’annuncio di re-targeting (30 minuti/ 1hr/3hr) il motivo? La persona sarebbe infastidita dal sollecito troppo ravvicinato (rispetto all’intento di acquisto abbandonato), infatti il messaggio verrebbe interpretato come una forzatura da parte dell’utente.

A confermare questa ipotesi ci sarebbero due studi svolti dal Team di ricerca su dei reali E-commerce, sulla base di un campione di circa 60.000 persone totali.

Parliamo di due studi randomizzati controllati ( in grado di dimostrare causalità) eseguiti in Cina e Giappone nell’industria della moda ma in due nicchie diverse: uno coinvolgeva la moda uomo, l’altro donna e bambino.

N.B: gli autori non differenziano il re-targeting dal Remarketing, quindi userò solo la parola retargeting –come ho fatto precedentemente-.

I ricercatori in entrambi gli studi hanno creato due gruppi, uno dei quali era quello di controllo alla quale non veniva “somministrato” nessun tipo di retargeting, mentre nell’altro gruppo era presente. Ciò che rende questo studio “superiore” a quelli precedenti (quelli eseguiti sul re-targeting ravvicinato) è proprio la presenza di un gruppo alla quale non è stato fatto il retargeting così che si possa monitorare anche il comportamento di chi non acquista.

L’efficacia del re-targeting o il ritorno spontaneo al carrello con conseguente acquisto veniva misurato ogni: 30 minuti, 1 ora, 3 ore, 6 ore, 9 ore, 12 ore, 24 e 72 ore. Il re-targeting era inteso come un banalissimo promemoria d’acquisto, niente coupon o simili.

I risultati sono stati chiari: il re-targeting troppo ravvicinato diminuisce le possibilità d’acquisto dopo 30 minuti ed 1 ora, infatti i gruppi che non ricevevano il retargeting avevano più possibilità di tornare ed acquistare autonomamente partendo dal carrello appena abbandonato.

Semplificando: Senza promemoria “precoce” via App/Sms/Email le persone tornavano spontaneamente a comprare (una parte di esse ovviamente) nel caso contrario il retargeting diminuiva questa possibilità fungnedo da freno nel riprendere il carrello appena abbandonato, questo per via dell’effetto “disturbo” che nominavo poco fa.

Al contrario il promemoria temporeggiato ed inviato dopo 24/72 ore era in grado di promuovere l’acquisto più di quanto accadesse senza retargeting.

Se vogliamo parlare di numeri (Promemoria per email):

  • Dopo mezz’ora: tasso di acquisto del 15,2% nel gruppo senza promemoria e 13,1% nel gruppo con promemoria via email.
  • Dopo un’ora: tasso di acquisto del 16,7% nel gruppo senza promemoria contro il 13,4%.
  • Dopo 24 ore tasso di acquisto del 6% per il gruppo senza promemoria contro l’8,3% del gruppo con promemoria
  • Dopo 72 ore tasso di acquisto del 1,8% per il gruppo senza promemoria contro il 4,8% nel gruppo con promemoria.

Promemoria via App:

  • Dopo mezz’ora tasso di acquisto del 21,1% nel gruppo senza promemoria contro il gruppo con promemoria al 18%.
  • Dopo un’ora il tasso d’acquisto era del 18,8% nel gruppo senza promemoria contro il 14,4% nel gruppo con promemoria.
  • Dopo 24 ore il tasso d’acquisto era del 4% nel gruppo senza promemoria contro l’8% nel gruppo con promemoria via app.
  • Dopo 72 ore il tasso d’acquisto era del 2,8% nel gruppo senza promemoria contro il 4% nel gruppo con promemoria.

Risultati analoghi sono stati ottenuti nel secondo esperimento fatto via SMS.

Quelle che abbiamo visto qui sopra sono grandi o piccole differenze? Beh, se dal proprio e-commerce acquista solamente la propria zia allora si parla di differenze insignificanti, ma se i volumi iniziano a farsi interessanti allora è inutile dire che le differenze potrebbero essere molto rilevanti in un arco di 6/12 mesi.

Dunque che cosa ci insegna e cosa non ci insegna questo studio?

Lo studio non ci sta dicendo che bisognerebbe eliminare a priori il re-targeting ravvicinato.
Lo studio non ci insegna a generalizzare risultati ottenuti in altri mercati dall’altra parte del mondo.

Ma…

-Ci sprona a creare un A/b test dove si tenta di posticipare il retargeting per verificare se questa teoria può aiutarci a portare del valore aggiunto al nostro e-commerce.

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